giovedì 14 aprile 2011

TOBAGI VISTA DA Luca Bertelli

Come di consueto, sempre di giovedì, un modo per capire, per capirsi e forse anche per capirci. Percorsi umani ed esistenziali. Testimonianze di vita e di giornalismo. Quando una lezione, vista l'ora, è appena finita e una nuova lezione è appena cominciata. Una lezione in più per capire, vivere, sognare.

L'intervista a Luca Bertelli è stata realizzata in data giovedì 31 marzo, ultimo giorno della sua permanenza alla Tobagi. Prima del derby. E prima di Inter-Schalke 04.

Il sempre sobrio Luca Bertelli
Buongiorno dottor Bertelli, siamo onorati di averla qui nella redazione di A Pieno Titulo.
Sono io a essere felice. È un grande onore essere qui. Vi seguo da sempre con molto piacere, anche per allentare la noia esistenziale che mi pervade sovente. Con questo vorrei esprimere tutto il mio dispiacere per la scarsa integrazione tra primo e secondo anno della Tobagi.
Ma è vero che la scarsa integrazione sia dovuta al limitato numero di donne presenti nel primo anno?
Verissimo. Nel primo anno ci sono poche donne e molti uomini. E, se posso dirlo, pure brutti. Dei bei cozzoni diciamo. In realtà ritengo che nel primo anno i maschi siano molto più uniti tra di loro di quanto non fossimo noi del secondo anno.
Dottor Bertelli, lei come è sbarcato alla Tobagi?
Vi racconto tutto sul mio arrivo alla Tobagi. Dunque, sono arrivato in treno all’insaputa dei miei genitori. Questo perché già avevo provato a entrare due anni prima e non mi avevano preso. Sì, insomma sono un recidivo. Per non deludere le aspettative di nessuno, il giorno dello scritto dissi che andavo a trovare un amico a Milano. Cinque giorni dopo, per l’orale, mi sono dovuto inventare un’altra balla e raccontai che dovevo andare a giocare a tennis. Solo che era un po’ improbabile una partita a tennis la mattina alle 8,30. Per rendere credibile la mia menzogna fui costretto a non prendere il treno da Brescia per Milano prima delle 9. Partii con il borsone da tennis con tanto di racchetta e palline e arrivai in Tobagi alle 10,54 precise, proprio al pelo. Tra l’altro il mio orale fu di qualità squallida: mi ero classificato terzo dopo lo scritto e alla fine finii trentesimo. Feci una figuraccia quando mi chiesero chi aveva scritto Uomini che odiano le donne. Io risposi “Le donne io le amo e quindi non posso saperlo”. Mi salvai in corner con una domanda su Nereo Rocco.
In due anni avrà sicuramente avuto modo di sviluppare odio nei confronti di qualche suo compagno. C’è qualcuno che detesta in particolare?
Assolutamente no. Ho la fortuna di essere uno dei pochi amati da tutti. Sono il giornalista dell’amore, un collante del gruppo. O forse un collant.
Ma cos’ha pensato quando a novembre si è trovato nei corridoi del master un caccamo?
All’inizio lo confondevo con Max Gazzé. A pelle devo dire che mi è stato simpatico. Soprattutto a vederlo da lontano, poi non so se da vicino puzzi o roba del genere.
Tra due giorni c’è il derby, decisivo per lo scudetto, e lei tra quattro giorni approda a Milan Channel. Non è che ha paura che un eventuale vittoria dell’Inter potrebbe bollarla come porta sfiga?
Guardi, mi sto cagando in mano, sono totalmente in panico, anche se so che il calcio non è un mondo scaramantico. Già arrivare al derby con soli due punti di vantaggio non è che mi aiuti proprio a vivere la partita in maniera rilassatissima, se poi sai che dopo entri in una redazione dove l’umore dipende dai risultati del Milan… Ecco diciamo che non stai molto tranquillo.
Lo scorso 3 dicembre, a seguito di Lazio-Inter 3-1, lei ha dichiarato che il Milan aveva già vinto lo scudetto. Conferma questa previsione?
Confermo.
Luca Bertelli, in questi due anni alla Tobagi ha trovato il suo brand?
Il brand ce lo avevo già prima di entrare. Piuttosto qui ci sarebbe bisogno di una branda. Mi ero fatto portavoce, lo scorso anno, di un gruppuscolo di persone che volevano istituire una stanza relax con letti per riposare. Il mio differenziale comunque è saper presentare. Tra il condurre Sanremo e fare la cronaca della finale di Champions League scelgo Sanremo.
Le auguro le si possa porre un tale quesito esistenziale. Ma lei si sente abbastanza intermediale?
Mi sento abbastanza intermediale, più che altro mediale nel senso del dito medio.
Ivano Pasqualino ci ha detto in esclusiva dell’esistenza di una foto che la ritrae avvolto in una coperta nerazzurra. Lei conferma queste voci?
Le spiego tutto. Quella sera eravamo andati a vedere Lo Schiaccianoci, anzi no una cagata del balletto classico. Al ritorno non riuscii a prendere l’ultima metropolitana da Lambrate e Pasqualino mi aprì le porte di casa sua. L’unica coperta disponibile era nerazzurra. All’inizio ho provato a dormire senza, ma essendo novembre ho dovuto capitolare e coprirmi con quel lembo nerazzurro.
Qual è il lascito di Luca Bertelli alla Tobagi?
Alla Tobagi lascio le mie gaffe, di cui sono famoso sin dal primo giorno del master, quando incontrai in ascensore una ragazza e iniziai ad attaccare bottone finché le chiesi: “Allora sei anche tu un’alunna?”. Era Benedetta Tobagi. Oltre a questo lascio la rubrica “Sestina Mondiali” e tantissimi rapporti umani che spero possano durare nel tempo. Non so se dopo questi due anni io sia un giornalista migliore ma sicuramente mi sento un uomo migliore.
Dopo questa frase strappalacrime, veniamo alla fine. Noi chiediamo sempre ai nostri ospiti di farsi una domanda e rispondersi con un’altra domanda. Luca Bertelli, lei cosa si chiede e cosa si risponde chiedendosi?
Luca Bertelli è realmente pelato? Ma i pelati esistono?


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