venerdì 21 ottobre 2016

REFUSI INDIFFERENZIATI: la trilogia del contagio



Articoli scomodi

Il giornalista scrive.
Lo scettico non si fida:
"La Ka$ta fa schifo
(L'informazione è malata)".

I vecchi leggono al bar.
Gli editori si incazzano.
Le edicole chiudono.

Uno spiraglio di ottimismo?
Una copia è meglio di niente...

Un mestiere invidiato.
Un'invidia misteriosa.

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Contro-informazione

I masterizzati,
copie illegali
di un disco rotto:
"Sempre meglio
che lavorare".

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Figli di Gutenberg

Consumare le scarpe
sul marciapiede;
padroneggiare la lingua;
e l'importante è saper battere.
L'altro mestiere più antico
del mondo.

Livio Ottavio Turlà

CACCAMO&CONTA(GIA)TO

"Tutti stesi all'ora dell'aperitivo". Attacco cazzuto per una storia tragica lunga dieci anni. Il primo e il secondo? Macché, al massimo spicchi di pizza rubati a cani (al primo piano) e porci. Tertium non datur.
È un mistero che solo Quarto grado potrebbe risolvere: una birra che costa quanto la cessione del quinto dello stipendio, lì a Sesto Marelli. 
Ovvio che poi uno il settimo si riposa, senza soldi in tasca... È come un ottavo di finale, a eliminazione diretta, o una prova corale come la nona di Beethoven. Ma alla fine solo invidia e nessun Inno alla Gioia. Decimo comandamento: non desiderare la roba d'altri.

Daoud

giovedì 20 ottobre 2016

LE PAGELLE DEL CONTAGIO


Raffreddori, influenze, mal di schiena, claustrofobia, dissenteria, antipatia, cialtroneria acuta, evidenti principi di Alzheimer. Probabilmente un giorno i tobagisti contageranno il giornalismo italiano ma al momento pare proprio che i contagiati siano loro. Nessuno esente, anche perché il ritorno di Daoud in terra milanese non poteva che provocare le classiche epidemie di scabbia, malaria, febbre gialla e pellagra. E dire che a Sesto Marelli la serata è tipicamente estiva se si eccettuano i due gradi centigradi e i 480 metri di pioggia caduti durante il pomeriggio. Presente anche la nebbia che, ovviamente, c'è ma non si vede. L'attesissima occasione per questo inquietante e come sempre mortificante per il corpo e per lo spirito raduno, è l'anniversario di quella struttura verde nella quale i più fortunati hanno trascorso quasi due anni della loro inutile esistenza. E anche se, come sappiamo, la domanda è dentro di noi epperò è sbagliata, continuiamo a risponderci con un sì, un no e un forse.

DIRETTORE EDITORIALE voto 10. Cominciamo dal vero protagonista della serata cccezzionale incredibile proprio lui. Innanzitutto si presenta con lodevolissimo ritardo. Il motivo è molto semplice: a Porta Nuova, mentre cercava sul tabellone il binario del suo treno, si era convinto di aver riconosciuto nell'associazione di lettere C-a-s-e-r-t-a la sua destinazione. D'altronde il nome della destinazione non se lo ricordava (mica può fare tutto lui, sapete a che ora si era alzato quella mattina? No, non lo sapete. E non lo sa neanche lui) però quell'associazione di lettere poteva benissimo ricordare quell'altra lì che proprio non gli veniva. Questo piccolo disguido non ha certo fiaccato l'atteggiamento testuale del direttore editoriale. E' l'unico a riconoscere il solo teoricamente assente Ragno (che nel frattempo aveva tentato di depistare tutti dicendo di essersi addormentato sul divano). L'abbraccio tra i due è da libro Cuore ed è entrato subito nell'immaginario dei presenti come uno dei momenti più romantici dell'epopea tobagista, subito alle spalle dell'approccio da tergo di Daoud nei confronti di Jefferson sul campo da calcetto.

DAOUD voto 4. Si presenta con un preavviso di 2 minuti e 18 secondi in Stazione Centrale esigendo e ottenendo di essere andato a prendere dal responsabile zizzania e di essere ospitato dal Pres, nonché di venire accolto dalla coppia Faccendiere-ex direttrice editoriale in pompa magna. Sciorina arroganza per tutto il weekend. Non si sente nemmeno in dovere di depositare la richiesta d'asilo. Si installa sul letto matrimoniale del Pres pretendendo un piumone con sopra stampate le lettere dell'alfabeto per ripassare il suo scarso italiano, si scola un decanter intero di whisky e fa fuori le scorte mensili di gocciole al cioccolato senza nemmeno fare la fila. Ricatta moralmente il Pres e tutti i tobagisti. Mica che si dica che noi trattiamo male i profughi. Per due giorni semina il terrore, poi decide di aderire al sistema delle quote e torna nelle sue lande dopo aver riscosso un credito immaginario dal sardo. Non sempre riscuote, ma quando riscuote...

PRES voto 4. Prima di tutto ospita Daoud nel suo appartamento a 1 stella mentre gli altri barboni tobagisti italiani dormono in tuguri o per strada. Oltre ad aver dato asilo a Daoud gli offre anche dell'ottimo whisky invecchiato che per il suo ospite potrebbe anche essere acqua ossigenata. A suo rischio e pericolo gli permette di lavarsi i denti, rischiando la distruzione del pregevole specchio Luigi XIV a causa dei classici starnuti improvvisi del Bouzid. Il suo abbigliamento alla serata di gala risente della stagionalità e della mancata assistenza invernale del Faccendiere. Come se ciò non bastasse, organizza una terrificante cena in zona Turro. 

SARDO voto 6. Paga colpe non sue. Aveva saggiamento deciso di cambiare numero di telefono per non incorrere nelle esose richieste di Daoud, ma il Pres da quando è stato in Grecia con l'ex direttrice editoriale ha un debole per i richiedenti asilo e così vanifica tutti gli sforzi del sardo, costretto sotto minaccia a svuotare il suo portafoglio e consegnare tutto a Daoud. Riesce a conservare quei quattro spiccioli accumulati sul conto corrente solo perché dalle parti di Daoud ancora non esistono le banche e tengono tutti i soldi murati in casa come Fabrizio Corona. 

CIALTROSIUS voto 7. Depista, millanta, distoglie l'attenzione e si imbosca come suo solito. E questa non è certo una sorpresa. Ma non solo. Arriva prima di (quasi) tutti all'esclusiva location della festa ("Gerva, che bella festa") ma soprattutto dopo essere andato a dare da mangiare un cous cous turcomanno al suo gatto persiano torna al ristorante contro ogni pronostico, tanto che Daoud, arrogantemente, stava già mangiando disteso su due posti, ovviamente scalzo. E viene pure servito per primo. Se non è cialtroneria questa... beh no, in effetti di cialtronerie di Cialtrosius ce ne ricordiamo tante altre.

DISINFORMATORE CULTURALE voto 4. Mo' te spiego sto voto. No, non è dovuto al ritardo, un grande e imperdibile classico al quale comunque recentemente l'ottimo disinformatore culturale sta sostituendo una indegna puntualità postmoderna, anzi postomoderna, a seconda appunto dei posti nei quali questa immonda puntualità si verifica, ogni volta destando grande stupore nei convitati che possono davvero dirsi rimanere di pietra. Il voto così basso è motivato dalla incresciosa mancanza di stipamento di piatti, arte nella quale il nostro stalinista borbonico, come ci ha abituato a testimoniare, eccelle. Arriva quando le sontuose portate dell'aperitivo più economico di piazza Montanelli sono già praticamente terminate, dopo di che si fa accompagnare in pizzeria per poi abbandonare tutti. Il motivo della sua prematura dipartita non è ancora chiaro. Secondo alcuni aveva un appuntamento segreto con un fumettista iraniano morto suicida, secondo altri testimoni invece si è recato all'Arci Grettezza per sostenere, come suo solito, l'industria musicale.

EX DIRETTRICE EDITORIALE voto 4. La sua prima colpa risale alla scorsa primavera. Accollandosi il Pres nel suo viaggio in Grecia ha causato l'epifania milanese di Daoud, il quale altrimenti sarebbe stato ospitato al massimo da Don Mazzi. E Daoud non ha nemmeno vinto un'edizione del concorso Mister Pikpah, né tantomeno ha mai indossato la fascia di Mister Moria. Dopo di che, l'ex direttrice editoriale trascorre tutta la serata a parlare di lavoro con un 'altra astante proveniente da C-a-s-e-r-t-a annoiando l'intera tavolata. Sulla via del ritorno, o meglio sul viale del tramonto, si addormenta impunemente dopo 67 metri di tracciato di viale Monza.

FACCENDIERE voto 9. In serata di grazia. Fa perdere tempo all'ex direttrice editoriale, al Pres e persino a Daoud mentre decide se presentarsi o meno a Sesto Marelli. Costringe il disinformatore culturale a prendere i mezzi pubblici dopo aver deciso di presenziare. Scatena le ire della consorte per le sue inesorabili frenate al cospetto dei semafori (omaggiati in anticipo di quasi due mesi). Lancia l'idea di sedersi e creare l'unica tavolata del consesso causando lo sdegno generale del resto degli invitati nel frattempo in diversificata e intramediale processione deambulatoria. Insieme al Pres rompe i coglioni al sardo mentre quest'ultimo era partito in un disperato assalto erotico. Parcheggia lontanissimo dal ristorante riacutizzando la lombosciatalgia di Daoud. Finge di avere sonno dopo la sua consueta settimana di fancazzismo mandando a monte i progetti alcolici altrui. Frena all'improvviso solo per spaventare l'ex direttrice editoriale. Insomma, rovina la serata a tutti. Zizzania et impera.

Pres

giovedì 18 giugno 2015

MANUALE DI CONVERSAZIONE: il matrimonio del Cialtrone


- Per quanto l'arancio sia il colore dell'estate, la sposa in bianco fa sempre chic

- Il coniglio fritto ha effetti afrodisiaci (cit.)

- No alla malvasia come aperitivo. Convenirne, con seguito di condanna lanciato in gesto apotropaico.

- In realtà nessuno dei due è credente. Ma vuoi mettere un matrimonio in chiesa? Delusione tra gli invitati terroni.

- I testimoni vanno scelti accuratamente, o per lo meno asseconda della statura. Il rischio è scambiare delle nozze per una qualsiasi cresima.

- Dibattere se sia meglio una lista nozze, che è un po' trash, un conto corrente, che è altrettanto trash, o un elefante/porcellino dove imbucare il denaro. Possibilmente in valuta mozambicana.

- La musica balcanica è bella, ma ci ha rotto i coglioni (cit.)

- L'anello viene da Istanbul. Eravamo in viaggio, lei l'ha visto in vetrina. Le brillavano gli occhi. Dopo mesi sono tornato in gran segreto in Turchia per comprarlo. Andata e ritorno in giornata. Che fatica! La pietra però l'ho acquistata all'Esso di Gessate.

- Secondo le statistiche i matrimoni sono l’extrema ratio per incontrare il partner. Ma non chiedete al vostro interlocutore se vuole un pezzo di salamella.

- Dove li metto i single?

- Avevamo trovato un castello in quel di San Giorgio Piacentino. È di un amico di famiglia. Ma poi abbiamo pensato a questo agriturismo sugli appennini, tra mulattiere e stradine sterrate. No, non so dirti come arrivarci. Chiedi a Elia.

- Portare le birkenstock al ricevimento nuziale, anche tra pietre aguzze e fetido fango, è proprio da cafoni.

- In viaggio di nozze? Andremo da una punta all'altra dell'Africa, passando lungo la linea del tropico. In autostop.

- Regalare un olivo ai testimoni è roba da abbraccialberi. Se poi il testimone vive in un monolocale a Milano ricordarsi di chiamare Renzo Piano.

- Fru fru fru (cit.) Uè, ma io non c'ho capito un caxxo, ragazzi...

- Avvisare i parenti per tempo che sarai irraggiungibile per due giorni. Di seguito avanzare stime improbabili su quanto costerà agli sposi fare una telefonata nazionale.

- Accertarsi di chi si ha accanto, poi citare Il Gattopardo: "L'amore. Certo, l'amore. Fuoco e fiamme per un anno, cenere per trenta".

- Lanciare in un momento di silenzio tra i convitati: "Anche i miei amici vorrebbero tanto sposarsi". Aspettare l'interrogativo e aggiungere con soddisfazione: "Loro sono gay". Disquisire su pro e contro di un matrimonio omosessuale.

- Accertarsi che i commensali abbiano il senso dell’umorismo prima di organizzare un discorso pubblico. Soprattutto se il discorso lo si lascia fare a un qualsiasi Frank di turno.

- Obbligatorio presentarsi al lancio del bouquet. Rimanere con le mani incrociate dietro la schiena. Se sei un uomo, al lancio della giarrettiera, distrarsi concentrandosi sulla coscia della sposa.

- Tolstoj non poteva dirlo meglio: il matrimonio è una vecchia istituzione in crisi. Lui se ne ammalò e morì nella fredda e solitaria stazione di Astapovo.

- Non invitare, ripeto, non invitare mai un gruppo di giornalisti/amici tutti insieme. Saranno legati dall'odio, anche verso il tuo matrimonio.

Doña Ragu

LA BOTTE UBRIACA: la trilogia del Cialtrone

Un recente scatto di Livio Ottavio Turlà
Non ha potuto essere presente di persona nelle valli piacentine a causa del ritiro di un premio letterario per il suo capolavoro, la raccolta "Il tempo di un asterisco" che trovò casa e pubblicazione proprio grazie a questo mezzo di disinformazione. Ma il poeta Livio Ottavio Turlà ha comunque voluto omaggiare il matrimonio dell'Ad con un tris di componimenti estratti dalla sua nuova raccolta, "La botte ubriaca". Si tratta di una mirabile trilogia, già ribattezzata "del Cialtrone". Leggete e godetene tutti.


Risposte
Un sì
Un no
Un forse
Ma non ho capito la domanda


Tra parentesi
Si è sposato
(sic!)
[omissis]
{x+y}


La terra
Chi semina Lino
raccoglie foresta
È solo un problema
di concime
E di braccia rubate
all'agricoltura

MAI PIU' SENZA: collezione estate inoltrata 2015


Chi l’avrebbe immaginato che nel bel mezzo delle colline piacentine si sarebbero decisi i trend della collezione estate-inoltrata 2015. In un posto dimenticato da Dio e dal navigatore di Elia, il 13 giugno i leader mondiali della modamarepositanoamalfiesorrento hanno dettato tendenza.

Mai più senza antitaccheggio. Comprare i vestiti? Siete out. Il must dell’estate inoltrata 2015 è rubarli. Sui fianchi e sulla schiena l’oggetto in plastica contro i furti creerà meravigliose rientranze rosse che faranno tendenza sulle spiagge del Tirreno vibonese e dello Ionio tarantino. Altro che tatuaggi. Se proprio volete strafare, il top della gamma è il papillon con antitaccheggio che farà rientrare il vostro pomo d’Adamo senza permettervi di respirare, regalandovi quel colorito bluastro ricercatissimo tra Punta prosciutto e Torre Uluzzo. Perché io valgo.

Mai più senza velette a frisella. È inutile dirlo, le donne hanno dettato le regole. Oltre a una bellissima donzella di arancione vestita con tanto di girasole in mano, si aggirava tra gli ospiti un quartetto alla Sex and the City of Bettola. Sul capo indossavano costosissime velette multicolori con vere piume di pavone cinese comprate nella regione del Sichuan. Vince il contest la veletta arancione indossata da lemonchica. Peccato che il maestro a fine serata, in preda alle allucinazioni della fame, l’abbia scambiata per una frisa pugliese senza glutine ingurgitandola insieme a un’insalata di pomodori.

Mai più senza leggins maschili. Indossati con classe tra un paio di gazzelle e una camicia di due taglie più piccola, Frank Riccardi ha sdoganato il pantalone strizzato - meglio noto come leggins maschile - retto da un paio di bretelle di tessuto non tessuto. Pare che Kledi Kladiu e Roberto Bolle ne abbiano già chiesto un paio. Alla fine, per divulgare la nuova tendenza anche nella provincia italiana, decide di lasciarli in dono alle simpaticissime signore de Le cascate, che li hanno subito usati come outfit per l’asino del recinto accanto.

Mai più senza magliette con la faccia di Alvise. Nessuno ha capito cosa i mattacchioni amici dello sposo volessero dire con le magliette distribuite a metà giornata con il faccione del cialtrone. Chi l’ha visto? le ha già richieste per il collegamento della puntata sulla scomparsa dello sposo mentre tornava verso la metropoli milanese a bordo di una Cinquecento del ’61.

Mai più senza rigato rosso del 1955. Un completo gessato con righina sottile rossa non si vedeva sulle colline piacentine dalla festa del fieno del 1955. Quando il Pres si è presentato con cotanto completo unito al farfallino abbinato, tra le strade sterrate si è sparsa subito la voce. Tanto che Gianni Drudi ha deciso di onorare con la sua musica l’attesissima festa del fieno 2015 del 4 luglio: un evento per conoscere e per conoscersi, quando un giorno vista l’ora è appena finito e un nuovo giorno è appena cominciato, un giorno in più per amare e per sognare.

Mai più senza uccellini. La vita è teatro. E il teatro è la vita. Commossa davanti a uno spettacolo sull’amore tra omini di fil di ferro e uccelli del paradiso, la donna fugata di Madrid, meglio nota come “tramonto andaluso”, ha deciso di sostituire il chihuahua nella borsetta con un cocorito brasiliano. Il povero cagnolino è rimasto a Le Cascate. Sarà servito come coniglio fritto alla prossima cerimonia.

L'ex direttrice editoriale

mercoledì 17 giugno 2015

MO' TE SPOSO: della goduria post-coloniale


Ricordava l'amato Jorge Luis Borges, poeta incommensurabile, che gli specchi e la copula sono abominevoli, poiché moltiplicano il numero degli  uomini. Ecco, il passaggio normativo per la copula, nel nostro grezzo mondo, è sempre stato l'istituzione matrimoniale. Già dunque deprecabile in sé, con la nascita di una coppia a nome Losi il matrimonio assume non una, ma almeno 50 sfumature di cialtroneria. Non staremo a elencarle: ci limitiamo a segnalarne il colore, l'arancione. Un tempo associato ai bonzi, è ora una gradazione tipica degli sbronzi, quelli di cui l'ormai signor Cialtrone si è circondato durante gli orridi festeggiamenti del suo matrimonio - messi in scena in una cascina che meritava di essere ridotta in macerie: e sulle sue rovine, passeremmo volentieri a spargere il sale...ma  quello rosa dell'Himalaya, sempre abbondante nelle cucine più incialtronite.




Catone, nell'antichità, voleva fare la stessa cosa con Cartagine: ma la capitale fenicia è già troppo cheap per i nostri sposini, in procinto di portare il loro disgustoso pucci-pucci ad altezze equatoriali. Ovvio, perché con qualche zulù intorno la relazione si avvia meglio. Ma non per le ragioni anatomiche che voi volgarotti pensate. Gramscianamente, il matrimonio è istituzione volta a perpetuare il dominio delle strutture sociali esistenti: e i negretti bene in vista servono appunto a solleticare la schadenfreude dei nostri bravi borghesucci appena accasati. La goduria post-coloniale aumentata dall'altrui miseria è un sentimento che più dell'amore può unire per il resto della vita. Inizi a provarlo in Africa, ma anche un giro per la circonvallazione esterna di Milano o a casa di colleghi giornalisti terroni lo rivampa con facilità.

Per questo, il minimo che possiamo augurare a delle persone così brutte è d'incappare in una tribù di Caccami agguerriti e tignosi, pronti a torturarli con uno spettacolo di marionette tribali muto ma con rumori di scena in swahili. Ad maiora, e soprattutto ad maiolica – quando bisogna condividere il cesso per l'eternità, anche le pareti sullo sfondo assumono un'importanza metafisica.

Frank Riccardi
con la partecipazione straordinaria della Jefferson Images