mercoledì 9 marzo 2011

MO' TE SPIEGO, L'otto m'arzo

Spiegazioni incomprensibili di fenomeni culturali.

Buongiorno caro dottor Riccardi, oggi parliamo di femminismo.
Come direbbe Hume, che due palle!
Innanzitutto le vorrei chiedere qualcosa sull’8 marzo. Cosa rappresenta per lei la festa della donna?
Nella mia prospettiva prettamente egocentrica rappresenta due cose: il titolo di una lettera giovanile di Andrea Pazienza e il titolo di lavorazione di Mo’ me arzo. Il mio grande capolavoro cinematografico, infatti, si chiamava inizialmente l’otto m’arzo. Era stato presentato con questo nome ai produttori ma poi in corso d’opera il titolo si è trasformato per collocare con maggiore avvedutezza la mia opera nel panorama semiotico internazionale.
Ma che ruolo ha il femminismo nella storia della società occidentale?
Ma vede, io penso che il tatto rimanga ancora il senso fondamentale attorno al quale verte tutto il vortice romantico semantico individual-semiotico dell’esperienza ultrasensoriale femminea. A questo proposito, i rapporti tra uomo e donna passano attraverso parametri molto particolari. Uno di questi in Italia è un parametro obbligatorio, ma purtroppo io lo appresi solo in tarda età. Ma in questa sede voglio rifarmi a uno dei miei riferimenti filosofici, l’illustre maestro di pensiero Tony Del Paso, gestore dell’El Paso, locale caro agli intellettuali latinensi. Tony è un uomo di grandissima forza morale ed è un pozzo di sapienza. Una sera mi trovavo in quel luogo con pochi, accoliti discepoli e lui chiese un sottofondo musicale per il suo eloquio socratico. Richiese: “Ahò, mette Vasco… Vasco, nun ce l’hai le prime canzone… che so Asilo Republic”. Un mio condiscepolo rispose al maestro: “No Tony, veramente Asilo Republic non l’ho neanche mai sentita". A quel punto Tony tirò fuori la sentenza che tutti i maschi italiani dovrebbero tenere bene a mente: “Compa’”, la prego di riportare bene queste parole fondamentali per la cultura umana, “compa’, se nun hai mai sentito Asilo Republic non tromberai mai”. E da lì ci buttammo sul testo sacro avidi di conoscenza. Mi sembra di aver risposto chiaramente sul femminismo.
Una risposta chiarissima. Ecco, ma secondo lei quale può essere il ruolo della donna nel mondo contemporaneo?
La donna ha ontologicamente un ruolo importante. È fondamentale rispetto alle funzioni più intime dell’uomo che non può andare avanti senza mangiare e senza… “sfogarsi”, ecco. È una funzione che non in tutte le opere d’arte viene espressa a dovere. Per esempio mi sembra il caso di citare un biopic, che si legge come si scrive, biopic, sulla vita di Fausto Papetti costruito su inquadrature prese solo dalle sue copertine. Doveva essere diretto dalla grande Cecilia Ermini ma poi il progettò passo di mano in mano fino ad arrivare tra quelle piuttosto appiccicose di Maggiacomo. Quelle mani incollaticce finirono per strappare delle pagine della sceneggiatura, anche quella interamente fatta di copertine del Papetti, e così il progetto non andò mai in porto. Restò uno dei grandi film di dubbio gusto non fatti nella storia del cinema.
Quindi…
…non mi interrompa, però, eh, se no la gente non capisce. Mi sembra giusto a questo punto parlare della mia amicizia con Maggiacomo, che risale a un vicolo della città di Fondi. Diciamo che la mia ammirazione nei confronti della sua attività artistica vive di alti e bassi, anzi sarebbe meglio dire grossi e piccoli, ma in fondo c’è sempre stata una certa comunanza di visioni. Poi proprio in fondo c’era Fondi. Ecco, la comunanza di visioni ce l’avevamo soprattutto grazie a questa antichissima biblioteca tenuta da tale Mattioli, una biblioteca delle zone erogene nota in tutto il circondario. Io e il Maggiacomo la frequentavamo assiduamente e lì abbiamo cominciato a rivolgere il nostro sguardo e il nostro interesse, puramente tecnico, all’argomento femministico.
A proposito della sua amicizia con il Maggiacomo, il celebre regista ci ha anticipato che lei sarà l’attore del suo prossimo film Se non ora quando, viè qua che mo’ te spiego, in cui lei sarà una sorta di Virgilio.
Il ruolo di Virgilio era il minimo che mi si potesse attribuire. Nella trama del film svolgo una funzione maieutica che io prendo sulle mie spalle fin dalla più tenera età. Questo anche perché ho sempre avuto bene in mente il motto kantiano: “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me e il conto nel caveau”.Tutto ciò ha aumentato le probabilità della mia eccitazione che è fisica ma soprattutto intellettuale, poiché in me agisce un immediato influsso della teoria dei colori goethiana che al pensiero del fiore che poi si deflora mi fa vedere rosso. E io vedo rosso.
Reputa il femminismo un residuo del secolo passato oppure un qualcosa che potrà proiettarsi anche nel futuro?
Femminismo… ma guardi la fenomenologia di Husserl non si è soffermata molto a lungo su questo aspetto. Bisognerebbe forse poi andare a ritroso e interessarsi ai codici comunicativi rimessi in gioco da Jakobson per poi giungere a una rilettura postpostmoderna di Iacopone da Todi. Che poi Iacopone è il punto di arrivo inevitabile di tutte le teorie contemporanee.
In questi giorni sono uscite delle cifre preoccupanti sul numero di lavoratrici donne. Lei come commenta questi dati?
Ma vede, c’è molto sommerso. Bisogna guardare molto sotto per capire i dati reali e la crescita reale, direi l’erezione di questi dati, perché tutto parte da sotto.
Ci illustri il rapporto tra donne e arte nel corso dei secoli.
Il rapporto è stato florido nella misura in cui le misure sono state floride. Il femminismo, d’altronde, si avvita intorno al proprio ombelico a partire dall’ombelicum storico che è quello della Carrà. Si arriva con ciò prima al calo dell’inibizione, poi al toga toga e infine si arriva alla vera alfa del tuca tuca. Se vogliamo invece parlare di artiste donne, vorrei partire dalla mia città ricolma di talenti, una vera città rinascimentale. Mi sentirei di citare Elena Santarelli per quanto riguarda la scultura, Moana Pozzi per la fotografia e poi, mannaggia è difficile di donne non ce ne sono molte, e vada per Edwige Fenech.
Ma parliamo del simbolo dell’8 marzo, la mimosa. Lei ne ha mai regalate e quest’anno ne ha regalate?
Questa è una domanda trabocchino, come direbbe una mia amica molto femminista. Guardi, mi sento di dire che regalo un’ideale mimosa a tutte le artiste donne e poi un messaggio a tutte quelle che non si sono cimentate con la produzione artistica: che la piantino. La mimosa, ovviamente. E anche chi ha rimostranze su questa intervista: piantatela. Non la mimosa.
È pronto alle polemiche che seguiranno a questa sua intervista?
Ma guardi io sono aperto al confronto, soprattutto con le donne. Che vengano queste donne e si facciano confrontare, anche più di una per volta, anche in gruppo. Io sono aperto al confronto, che si aprano anche loro.


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