Frank Riccardi, è un onore cominciare la collaborazione con un premio Oscar e un intellettuale del suo calibro.
La ringrazio, anche per me è un onore collaborare con me stesso. Sento molto la missione di questa rubrica, siamo qui per facilitare la comprensione di eventi che le masse non potrebbero altrimenti mai comprendere.
Allora Frank, oggi comincia Sanremo. Come vede il festival di quest'anno?
Innanzitutto chiariamo una cosa. Per me è molto offensivo dover parlare di Sanremo in una settimana in cui escono i nuovi dischi di P.J. Harvey e dei Radiohead, ma d'altra parte il popolino vuole sentire parlare di Sanremo. E allora parliamone. Mi sembra che per questa edizione la chiave di volta sia chiara come non mai. Sto parlando ovviamente della coprofagia. La coprofagia dell'Uno si rispecchia in quella del Tutto. I molti si rispecchiano nel singolo e viceversa in una traslazione che non investe solamente la sfera fisica, ma anche il campo artistico e musicale. E' una traslazione diretta, un transfert epidermico e mnemonico che arriva quasi a prefigurare un immaginario collettivo naturalmente predisposto al trionfo della merda. Prima di naturalmente non ci metta la virgola perché altrimenti i lettori non capiscono.
Da queste sue affermazioni sembra di intuire che Sanremo non le piace molto.
Guardi, se non si è capito fino a ora lo dico in modo chiaro e semplice: il dibattito culturale in Italia si porta dietro gli strascichi gramsciani della nazionalità popolare e dell'elitarismo sterile e sterilizzato. Tutto parte dalle prigioni di Gaeta e dalle isole Pontine, fino ad arrivare alla Sicilia, terra natia di Pippo Baudo.
A proposito di Baudo, qualcuno sostiene che sia già pronto per tornare al festival nel 2012. Lei cos'ha da dire in merito?
Ma guardi, c'è già stato Nietzsche con la teoria dell'eterno ritorno dell'eguale. Quindi abbia pazienza, che cosa potrei aggiungere io alle parole di un'autorità ben maggiore della mia?
Secondo lei come mai il festival di Sanremo resta sempre al centro dell'attenzione mediatica?
E' una domanda assai complessa. Lacan ha speso fiumi di inchiostro per illustrare le deviazioni, le contrazioni e le contorsioni dell'inconscio collettivo, di cui fa parte, ahimé, anche l'Italia. Possiamo tranquillamente analizzare qualsiasi periodo dell'opera lacaniana, ma la conclusione è sempre la stessa: la legna è legna e la fregna è fregna. E se era legna facevamo i falegnami. Ora, non so cosa ne pensano i falegnami del palco Ariston, però di certo loro hanno una visuale privilegiata. Della fregna.
Che cosa rappresentano le vallette, la Canalis e Belen, nel panorama culturale italiano?
Belen e la Canalis sono lo yin e lo yang del desiderio italiano contemporaneo. E' curioso che questo desiderio sia ora compreso nel solo alveo della mora, contraddicendo l'antica dicotomia tra bionda e mora. Perché? C'è un motivo. Lele Mora, appunto. Ma qui il sistema si avvita su se stesso perché a Lele Mora la mora non gli fa né caldo né freddo.
Come considera il livello musicale del festival?
Si sta assistendo a una strumentalizzazione musicale e dello strumento stesso. Gli strumenti si strumentalizzano strumentalizzandosi. E' un paradosso senza fine che non manca di evidenziare la qualità scientifica delle canzoni del festival. Tutto questo discorso si può ovviamente declinare secondo le teorie di Descartes e il suo discorso sul metodo.
Ogni anno Sanremo porta con sé qualche polemica e qualche scandalo. Cosa potrebbe succedere quest'anno?
In un mondo in cui non ci si scandalizza nemmeno più dei porno di Maggiacomo, credo che non si sia più spazio per lo Scandalo. Un mio amico filosofo, Mario da Latina, sostiene per esempio che Belen sia in realtà Hernan Crespo. Questo non farebbe altro che confermare le teorie dell'Io e del Super-Io di Lacan, otre che all'applicazione che ne fa Zizek sul prezzo dei prosciutti di Parma. Sottolineo come questa analisi critica provenga da un filosofo di chiara fama, Mario da Latina appunto, noto pensatore e tuttologo balneare, paludoso e paludato.
Nell'anno dove si celebrano, o si dovrebbero celebrare, i 150 anni di Unità d'Italia, cosa può rappresentare Sanremo per il nostro Paese?
La posizione di Sanremo è l'ombelico, l'ombelico del mondo. C'era già all'inizio della storia italiana il festival di Sanremo. Prima si chiamava festival sabaudo della marcetta, come riportano i testi del Parini. In età mussoliniana fu rafforzato con il motto "largo ai giovani". Il Duce alludeva chiaramente ai concorrenti di Amici, che già allora facevano sfracelli. Le prime selezioni per il programma della De Filippi si tennero, tra l'altro, a Villa Torlonia. Come dicevamo lo spazio ai giovani è rimasto anche oggi. L'Ariston fu inaugurato da Andreotti, già allora ministro della Real Casa, e lo spirito giovanile di allora continua a regnare. Lo si vede anche nei testi giovani, alternativi e sperimentali che caratterizzano le canzoni del festival. Certo, ogni tanto c'è quella vena di protesta tipica dei giovani, ma è il prezzo da pagare quando si pensa e si fa un festival di giovani e per i giovani.
Lorenzo Lamperti
Frank Riccardi
Lorenzo Lamperti
Frank Riccardi
Geniali!soprattutto questo Frank, che riscopre l'arte del "mo' te spiego", dell'approfondimento...del conciatore!Frank grazie per aver tolto la pelle!=)
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