Si deve essere grati al noto immigrante Daoud Bouzid, per averci solennemente ricordato che l'Italia è geograficamente vicina all'Africa. E' anche da coloriture dermatologiche come le sue che sono nati lo sfascio dei conti pubblici, la prostituzione intellettuale dei ciarlatani locali, il conseguente ritirarsi dei passanti sociali. Niente di quanto ci sta accadendo ora - compresa una manovra contromano senza la cintura mentre si chiama al cellulare ubriachi - è spiegabile senza la catastrofica venuta del Caccamo. Si vorrebbe che gli esponenti di punta della Walter Tobagi, che di questa crisi sono la ventottessenza, e ne incarnano il fondoschiena, ne parlassero, se non con la parola, almeno con accenti di rutti, come accade, in genere, al Passante. Ne parlano, invece, con boria immutata, come se la ricetta della civiltà e del bel vivere fosse una specialità della casa, e l'arrivo del Caccamo, anziché una smargiassata senza copertura economica, fosse stata il do di petto di un parrucchiere in stato di grazia, che stava trascinando il Paese verso i bronzi di Riace. Poi, come accade ai giornalisti senza storia, è stato il destino cinico e baro a rispedirli a Sesto Marelli e a reintrodurre il caccamo.
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