giovedì 17 febbraio 2011

TOBAGI VISTA DA: Paolo Fiore

Come di consueto, sempre di giovedì, un modo per capire, per capirsi e forse anche per capirci. Percorsi umani ed esistenziali. Testimonianze di vita e di giornalismo. Quando una lezione, vista l'ora, è appena finita e una nuova lezione è appena cominciata. Una lezione in più per capire, vivere, sognare.

Caro faccendiere buongiorno e benvenuto a Tobagi vista da
Buongiorno lo dica pure a Jefferson.
Benissimo. Dunque, incominciamo la nostra chiacchierata parlando di Milano. Come ha vissuto il primo impatto con questa città, così diversa dai reconditi luoghi dai quali proviene?
Guardi, Milano è una città fantastica, calorosa come un ghiacciolo nelle mutande. Però devo dire che il clima è pressoché inalterato. Ero abituato ai 35 gradi del Salento e qui a Sesto Marelli li ho puntualmente ritrovati. Uno per uno, solo spalmati su 35 giorni diversi. Pensi che la prima settimana non riuscivo nemmeno ad arrivare alla Tobagi. Mi perdevo nella nebbia. Mi sono ritrovato per due volte a Cadorna e un'altra volta a Porta Romana. Poi ho capito che io alla Tobagi ci abito di fronte.  
Facciamo la stessa domanda che abbiamo posto a Caccamo. Lei come è sbarcato a Milano?
Come sapete sono arrivato a Milano in colbacco. Me lo ha dato mia nonna prima di partire, che mi ha detto alla stazione: "Stai attento, che a Milano fa freddo e ci sono pure i comunisti". 
Come mai la scelta di insediarsi a Sesto, e quindi lontano dal centro di Milano?
Ho deciso in questo modo per i loschi traffici della periferia nei quali, modestamente, mi sono immediatamente inserito. E alla grande. (risata inquietante, ndr)
Dopo poche settimane si è subito guadagnato il titolo di Faccendiere. Come ci è riuscito?
Mi ha incaricato il Presidente che ha sagacemente notato la mia propensione alla disinformazione e ai traffici illeciti. Ha capito che dietro la mia faccia da bravo ragazzo in realtà si nasconde un pezzo di merda. All'inizio ero in ballottaggio con Bobby Brambo, ma poi gli ambienti mafiosi (pare si rivolga a Caccamo, ndr) hanno preferito raccomandare me perché Bobby parlava troppo poco.
Qualcuno dice che per scalare le gerarchie abbia commesso delle azioni non proprio cristalline.
Come ho già detto altre volte, io non ho ucciso Paolo Pegoraro. In effetti la sua presenza mi infastidiva, perché si potevano creare fastidiose omonimie che per il lavoro che faccio possono dare adito a situazioni spiacevoli. E quindi ho provato a farlo fuori. Ho visto una botola con delle prese e ho pensato potesse essere un bel luogo dove lasciare un cadavere. Io ce l'ho anche buttato dentro ma lui è uscito. La puzza che usciva dalla botola era dovuta al fatto che Pegoraro, scappando, ci ha perso un'unghia incarnita. Voglio segnalarle (off the record, ndr) l'esistenza di una versione segreta, che in quanto segreta io puntualmente le riporto: Pegoraro è la matrioska di qualcun altro. Pare che addirittura si sia trovato talmente bene nel ruolo di matrioska interna che ora faccia l'omino che sta dentro il Gabibbo.
Passiamo alla sua chiacchierata relazione con Silvia Ragusa. Persino Lidia Baratta l'ha accusata apertamente e ne è nata una polemica di dimensioni internazionali. Lei cosa ci può dire in merito?
Come direbbe il mio idolo Luciano Moggi, non confermo e non smentisco.
Ma può dirci cosa accade veramente in quella casa della perdizione occupata da lei, Baratta e Ragusa? E' vero che somministra droghe alle due donne?
E' molto complicato. Uso una camomilla drogata con Lidia e una fiala di sonnifero per elefanti per Silvia. Il sonnifero per elefanti l'ho rimediato dal circo che si era fermato in via Marx, a pochi passi da casa mia, la scorsa settimana. Speravo che queste fiale servissero per fermare il tremolìo delle gambe della Ragusa. Invece non c'è stato niente da fare. Lei si è addormentata, ma il tremolìo continua lo stesso. 
Ma è vero che al circo di via Marx c'era anche Jefferson che si esibiva come incantatore di serpenti?
Verissimo. Jefferson incantava i serpenti fingendo di parlare in arabo e fingendosi lui stesso un esule siriano. Quando ho trafugato le fiale, in quanto faccendiere mi sono recato dal Presidente del circo e gli ho comunicato che in realtà Jefferson, come si evince dal nome, non è arabo e che ha invece origini britanniche. Da allora il Presidente del circo lo chiama il Fabrizio Gatti di Damasco.
Da quanto sappiamo a lei stanno sulle balle quasi tutti i compagni di corso. Chi, tra loro, non riesce proprio a sopportare?
Tolga pure il quasi. Li odio tutti secondo una curva gaussiana.
Ha già trovato il suo brand?
Il mio brand è il sotterfugio, ovviamente. E mi sento anche molto intermediale, in quanto esprimo il sotterfugio con diversi mezzi: la parola, il testo scritto e l'immagine.
Come nasce la sua propensione al sotterfugio?
Nasce dalla propensione per la violenza. Psicologica, ovviamente, mai fisica. La mia forma preferita di violenza è la coltellata alle spalle.
Come valuta il grado di zizzania presente alla Tobagi?
La zizzania non è mai sufficiente. Il breakeven point era fissato a livello 50 e ci siamo già arrivati vicini. Auspichiamo di arrivare a 80 entro la fine del primo anno e far scoppiare la scuola entro il secondo.
Come percepisce la presenza di Silvia Favasuli alla Tobagi?
Con fastidio, estremo fastidio. Soprattutto per il tentativo di mettermi pressione sedendosi davanti a me mentre vengo intervistato.
Come pensa di riuscire a coniugare l'esperienza nel giornalismo e la sua terra, il Salento?
La domanda è difficile, ma credo che potrò riuscirci usando il mio ruolo da giornalista a fini politici. Sono uno dei promotori della secessione salentina dal resto dei pugliesi, che odio profondamente. Mi piace quando c'è una secessione o uno scisma: sono le massime espressioni della zizzania.
Qual è la sua testata preferita e il suo giornalista di riferimento?
La mia testata di riferimento è senza dubbio L'eco del Sudan, che sotto la mia spinta ha svolto una campagna clamorosa per la secessione del Sud Sudan. Il mio giornalista preferito è Bashir Ouatongo Sallusti, direttore del Khartoum Post.
Paolo Fiore, ma sente la lontananza dalla sua donna?
Ma quale donna? (sorrisetto da bunga bunga).
Si sente ottimista per il futuro della sua professione?
No, ma comunque il giornalismo è solo un mezzo. Il fine è la zizzania. Se mi dovessi accorgere che si riesce a diffondere maggiore zizzania attraverso l'uso della crema, andrei a fare il pasticcere senza pensarci due volte.  
Come di consueto, chiudiamo l'appuntamento col nostro ospite chiedendogli di farsi una domanda e di rispondersi con un altra domanda. Paolo Fiore, lei cosa si chiede e cosa risponde chiedendosi?
Che fa, batti? Batti lei?


Per saperne di più sul Faccendiere:
http://ecconomia.wordpress.com/
http://pienotitulo.blogspot.com/search/label/che%20faccenda%20che%20fa
 
  
 

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